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Prezzo dei fagiolini e medaglie d'oro

Aggiornamento: 7 apr




Marcelo Bielsa, che se fosse vissuto nella Grecia dei 2500 anni fa avrebbe goduto del titolo di oracolo, lo scorso luglio ha animato una conferenza stampa prima della finale di Copa America del suo Uruguay, in un modo come al solito non banale, esprimendo un concetto ampio di “gentrificazione” del calcio, in cui il pallone è tirato sempre più lontano dai piedi e dagli occhi delle masse più povere. Per cogliere al meglio le sue parole bisognerebbe calarsi nel contesto sudamericano, governato da immense periferie, per un continente che rappresenta esso stesso una periferia del mondo, dove il calcio ha uno scopo culturale e sociale che in Europa abbiamo perso nei decenni passati. Un paio di settimane dopo, cominciano le Olimpiadi di Parigi e la stampa italiana si concentra su due temi: l’anello perduto di Tamberi e la provenienza regionale dei vari atleti, un clickbaiting così succulento da costringermi ad asciugare l’acquolina mentre scrivo.  Se per il primo ci siamo dovuti sorbire anche gli articoli e i commenti al lungo post di scuse pubbliche nei confronti della moglie dell’ex campione olimpico e drama king marchigiano, la provenienza degli atleti nasconde un disagio molto più profondo.



Marcelo Bielsa CT dell'Uruguay - Twitter
Marcelo Bielsa CT dell'Uruguay - Twitter

Da sportivo onnivoro, non guardo solamente la performance, ma divoro anche le interviste post gara di tutti gli atleti italiani e non serve un data analyst per notare che vengono quasi dal nord Italia, molti Toscani sì, romani pure, ma gli altri? Leggendo uno degli articoli di cui sopra vedo che a Parigi ci sono solo 5 calabresi, 2 lucani, solo 15 siciliani, e 25 campani, rispettivamente la quinta e terza regione più popolosa d’Italia.  La carenza di infrastrutture sportive sembra essere l’opzione più scontata per spiegare questo divario, e per moti versi è vero. La maggior parte degli impianti sportivi è situata nel Centro-Nord (quasi l’80%), mentre poco più del 20% si trovano nel Mezzogiorno. Ma quindi se al Sud costruissimo nuovi palazzetti, palestre, piscine, l’ennesimo campo di padel, risolveremmo il problema? Mh non lo so Rick

Le infrastrutture sportive al sud Italia, presentano dei grandi problemi comuni, sia nel senso di “stessi problemi” sia nel senso della “gestione da parte del comune”:


  • Progettazione non funzionale – palazzetti con limiti evidenti di design, ottimizzazione degli spazi scarsa o assente, pochi sport praticabili

  • Management e personale non adeguato e non formato

  • Ubicazione distaccata dal contesto urbano[1]

  • Scarsa manutenzione-  L’8% degli impianti sportivi non è funzionante, un dato che in alcune aree del Sud sale fino al 20% del patrimonio complessivo regionale. La principale causa di non funzionamento o di funzionamento parziale è dovuta per il 44% allo stato di conservazione insufficiente delle strutture [2].


Ma se non ci sono spazi per la pratica dell’attività sportiva, in contesti regionali economicamente e socialmente depressi, quali sono gli effetti sulle persone che li abitano? Considerando che la quasi totalità dei minori nel Sud Italia (circa il 90,6%) pratica sport in impianti sportivi, con quote residuali per la pratica all’aria aperta (7,8%) e a casa (1,6%), ne consegue il 31,35%nella fascia tra i 6 e i 17 anni è in sovrappeso [3].

L’obesità nei bambini europei è strettamente correlata allo status socio-economico dei loro genitori. Inoltre, nei paesi europei, più è elevato il livello di disuguaglianza di reddito e più i bambini sono in sovrappeso. Nei gruppi socio-economicamente svantaggiati, le madri hanno più probabilità di essere in sovrappeso e meno probabilità di allattare. I bambini che non sono allattati e che sono nati da madri obese, con un basso status socio-economico, hanno più probabilità di adottare abitudini alimentari non salutari e di diventare individui in sovrappeso. Inoltre, se in questi bambini si manifestasse un ritardo nello sviluppo cognitivo entro i 3 anni di vita, le probabilità di recupero sarebbero molto basse. É evidente che l’obesità è sempre più correlata alla povertà e che questo problema, verosimilmente, sarà trasmesso alle generazioni successive. La maggior parte degli studi considera l’eccessivo consumo di alimenti ad alto apporto calorico la causa principale di questo problema. I dati sull’attività fisica indicano che, sebbene i livelli siano diminuiti, è inverosimile che il minor dispendio energetico giustifichi da solo il drammatico aumento dell’obesità nelle classi sociali meno abbienti. Il cibo salutare tende a essere meno conveniente, meno accessibile e più costoso. I cambiamenti socio-demografici - come l’urbanizzazione e l’aumento del numero di donne che lavora - hanno ridotto il tempo da dedicare alla preparazione dei pasti. Analisi condotte nel Regno Unito spiegano come - quando, nel 2007, si è assistito a un incremento massiccio del 12% dei prezzi dei prodotti alimentari nell’arco di 12 mesi - le famiglie a basso reddito siano state colpite in modo sproporzionato da un aumento dell’1,6% della spesa per l’acquisto di alimenti, a fronte di un aumento medio dello 0,3%. I dati suggeriscono, inoltre, che le famiglie a basso reddito hanno risposto a questo aumento con l’acquisto di alimenti ‘alternativi’ più economici. Un altro studio ha riscontrato che molte famiglie con bambini e monoparentali stanno sostituendo la frutta e la verdura fresca con alimenti confezionati meno costosi, ma ipercalorici, con dosi elevate di grassi saturi e zucchero. Tra il 2007 e il 2012 il costo del cibo è aumentato del 30% e le famiglie con bambini hanno ridotto il budget destinato alla spesa alimentare di oltre il 15%. Gli alimenti con valore energetico elevato, ma con valore nutritivo scarso, sono più economici dei cibi più nutrienti, come la frutta e la verdura; e le famiglie più povere, e con bambini, acquistano cibo essenzialmente per nutrirsi [4].

La situazione italiana a questo punto appare chiara:


Okkio alla Salute - Sport e Salute 2023
Okkio alla Salute - Sport e Salute 2023

Pensando alla correlazione tra disturbi dell’alimentazione e istruzione, mi sono chiesto quale fosse la situazione regione per regione delle biblioteche italiane.  Nel relativo report ISTAT, osservando in particolare l’indice di impatto, definito dal rapporto tra iscritti al prestito sul totale della popolazione di riferimento, che esprime il livello di radicamento delle biblioteche sul territorio e la loro capacità di soddisfare i bisogni di informazione e lettura dei cittadini. Pari al 15,2% a livello nazionale, raggiunge valori molto alti soprattutto nelle Province di Trento e Bolzano (rispettivamente 35,7% e 24,5%), in Valle d’Aosta (28,2%), Toscana (25,1%), Emilia-Romagna (21,6%) e in Friuli-Venezia Giulia (20,5%). L’impatto delle biblioteche è decisamente minore nella maggior parte delle regioni del Mezzogiorno: Campania (4,6%), Calabria (6%), Sicilia (6,2%), Molise (6,9%) e Puglia (8,7%) mostrano infatti valori molto al di sotto della media italiana[5]

E guardando il grafico sotto ci rendiamo conto quanto in maniera inversamente proporzionale, sia sovrapponibile al precedente.



Report ISTAT biblioteche in Italia
Report ISTAT biblioteche in Italia

Questi due grafici ci dicono quindi che le infrastrutture sportive sono prioritarie per i giovani atleti di oggi, ma le attività nelle scuole, biblioteche e altri centri di cultura lo sono molto di più, non solo per formare i ragazzi e gli atleti, ma per fornire loro un’istruzione e una formazione adeguata da trasmettere ai propri figli, cioè alla prossima generazione di atleti. Naturalmente grandi investimenti su istruzione, cultura e accesso allo sport sono propedeutici, non per ottenere medaglie olimpiche, atleti olimpici o atleti professionisti in generale, ma semplicemente per avere il maggior numero possibile di bambini in salute. Ma forse è più facile vincere un'oro olimpico che pagare un kg di fagiolini meno di un Big Mac.



[3] UISP, Svimez, Sport e Salute - L’OFFERTA DI IMPIANTI E SERVIZI SPORTIVI NELLE REGIONI ITALIANE FABBISOGNI DELLA PRATICA SPORTIVA

 
 
 

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